La trippa alla romana è uno degli alimenti più diffusi su tutto il territorio italiano, cucinata in diversi modi a seconda della regione è apprezzata sia dagli italiani che dai turisti che la assaggiano per la prima volta.
La trippa fa parte delle interiora, o del cosiddetto quinto quarto, in cui rientrano tutti gli alimenti considerati meno pregiati. Infatti la trippa, così come la coratella, la pajata e la coda, erano un tempo destinate ai pasti delle famiglie povere, alle quali venivano cedute le interiora scartate dai cuochi dei nobili.
Non tutti, però, la pensavano così: i nobili romani apprezzavano molto la trippa per il suo apporto proteico e la sazietà garantite a basso costo.
Oggi la trippa alla romana è diventata oggi un piatto tradizionale che non manca mai nei menù dei ristoranti e delle osterie, sia romane che non.
La trippa è generalmente ricavata dallo stomaco del vitello o del maiale, anche se la materia prima più utilizzata resta il rumine del manzo, costituito da tre dei quattro stomaci che compongono l’apparato digerente dell’animale. Dopo la macellazione, le interiora vengono totalmente ripulite, raschiate e sbollentate in acqua, fino a diventare di quel colore bianco in cui tutti la conosciamo.
Proprio a Roma, per tradizione, la trippa veniva consumata nel pranzo del sabato, tanto che ad oggi sono diverse le cucine della città che propongono la trippa proprio al sabato, rispettando questa usanza.
La trippa romana è cotta nella passata di pomodoro e condita con menta fresca e pecorino romano grattugiato, creando un’esplosione di sapore a cui nessuno può resistere.
Chi è a dieta può chiudere un occhio e stare tranquillo: la trippa non è un alimento grasso, anzi è molto proteico e povero di grassi. Certamente, a cambiare l’apporto calorico, contribuiscono il metodo di cottura e il condimento.