Nell’ antica Roma il vino era una bevanda irrinunciabile, veniva considerato una rarità, un lusso per i capofamiglia, quindi riservato esclusivamente agli uomini.
Il vino rappresentava un bene dai costi elevati e per farlo durare più a lungo veniva diluito con acqua calda e servito in grandi coppe. In genere, il padrone di casa faceva servire ai suoi ospiti prima il vino prelibato poi, quando erano troppo brilli per poterne capire la qualità, quelli meno pregiati.
L’abitudine di diluire il vino con l’acqua si mantenne negli anni, non solo per una questione economica, ma anche perché il vino allungato consentiva ai romani di berne quantità maggiori rimanendo sobri.
Il galateo imponeva ai romani di non ubriacarsi, infatti durante i banchetti c’era l’usanza di sorteggiare il cosiddetto arbitrer bibenti, ovvero l’arbitro del bere, che non poteva sorseggiare alcuna goccia di bevanda alcolica e doveva controllare che gli altri non si ubriacassero durante la serata, decidendo la quantità di acqua da mettere nelle coppe di ogni conviviale in base al suo stato di lucidità.
In seguito alle conquiste territoriali dell’impero romano, aumentarono gli scambi e il vino iniziò a diffondersi anche nelle taverne che andavano sempre più moltiplicandosi. In particolar modo esistevano gli enopolium e i thermopolium: nei primi si vendevano solo vini, nei secondi si potevano trovare sia bevande che cibi caldi.
Erano dei punti di ristoro situati nei vicoli della città ma anche dei luoghi dove spesso si praticavano altre attività illecite come il gioco d’azzardo e la prostituzione.
Proprio per limitare il consumo di vino e tutte le situazioni illegali che vi stavano attorno, nel 1588, Papa Sisto V impose le tasse sul vino e l’obbligo di contenerlo in brocche di vetro esclusivamente prodotte dall’ebreo Meier Maggino di Gabriello, sigillate dalla Camera Apostolica.
Contenere il vino nelle brocche consentiva agli avventori di controllare la qualità del vino acquistato, che non poteva essere diluito con l’acqua.
Le tasse ovviamente dipendevano dalla quantità di vino che si beveva. Nell’antica Roma esistevano varie unità di misura: c’era il sospiro o sottovoce che indicava un decimo di litro, cioè un semplice bicchiere; il cirichetto che corrispondeva a un quinto di litro; il quartino; la fojetta da mezzo litro e il Tubbo che corrispondeva ad un litro. La caraffa da due litri veniva indicata con il termine Barzilai, che era il nome di un politico romano che aveva l’abitudine di offrire vino in abbondanza ai suoi elettori.