È una storia d’amore che si snoda lungo i secoli quella che lega Roma ai dolci. Esempio lampante di questo legame sono i crustula.
Da amanti delle abitudini più goderecce, gli antichi romani sapevano sempre come intrecciare i piaceri, e questo valeva anche e soprattutto in cucina dove i sapori più semplici venivano esaltati dall’accostamento con il momento della giornata (o dell’anno) più giusto.
Il termine crustula deriva dal latino crustulum, che vuol dire piccolo biscotto. Si trattava appunto di piccoli biscotti di frumento, dal sapore delicato, che nascevano dall’incontro di miele, burro e di grano macinato finemente.
Per quanto fossero facili da fare e si presentassero in maniera a dir poco modesta (persino la forma si presentava in maniera irregolare e vieppiù abbozzata), i crustula assunsero un ruolo fondamentale nella tradizione culinaria romana proprio per il ruolo che gli venne assegnato.
Originariamente, infatti, questi biscotti servivano per ristorare sacerdoti, religiosi e devoti che praticavano (o semplicemente assistevano) sacrifici agli dei. Dopo le cerimonie, generalmente lunghe e caratterizzate da una frenesia crescente, i crustula venivano serviti prima ai capi religiosi e poi a tutti gli altri.
Con il tempo, l’abitudine di offrire i biscotti anche ai devoti scomparve, cosa che fece sì che proprio nei pressi di templi e luoghi di culto prendessero posto i “crustulari”, che vendevano questi biscotti a coloro che si recavano alle funzioni.
I clienti dei crustulari, però, si allargarono: i maestri iniziarono a prendere l’abitudine di acquistare questi biscotti per premiare gli scolari più meritevoli. E dato che il pubblico cresceva, i crustulari decisero di ampliare l’offerta, inventando diverse varianti come quella amigdalina (con mandorle), cum melle (con abbondante miele) o con creme ai frutti o agli agrumi.
Queste varianti piacquero talmente tanto ai romani che i crustula presero posto anche nei banchetti. Questi eventi si articolavano in tre momenti: la gustatio, ovvero l’antipastio, la cena vera e propria e la secundae mensae, dove si gustavano i dolci. Proprio nella secundae mensae e i crustula venivano serviti con vini leggeri, dolcetti e creme.
Ancora oggi i crustula sono apprezzatissimi a Roma, per la loro versatilità e per la capacità di chiudere i pasti in maniera delicata.