I romani, di qualsiasi epoca, hanno sempre avuto una grande passione in fatto di cibo: la carne, in ogni sua forma!
La carne, sia essa come filetto, come porchetta, come guanciale e come salume, è sempre stata protagonista della cucina romana per la preparazione di piatti gustosi e nutrienti.
Ai tempi dell’Antica Roma il costo della carne era molto elevato, e per questo i tagli più pregiati venivano consumati esclusivamente dai ricchi e dai nobili.
Non si tratta degli animali che usiamo oggi nelle nostre cucine: l’alimentazione carnivora dell’Antica Roma si basava su volatili da cortile, selvaggina, lepri e cinghiali, pavoni, cicogne, fagiani, gru, persino fenicotteri, dei quali veniva consumata la lingua.
Anche la carne di suino e la carne ovina erano molto apprezzate, così come le oche, che venivano preparate con un’imbottitura interna di fichi secchi o servite con la salsa apiciana, composta da pepe, semi di coriandolo, menta, olio e liquamen, un condimento a base di pesce dal sapore pungente (e, stando alle parole del poeta Marziale, anche dall’odore molto pungente).
Una carne all’epoca molto consumata e oggi del tutto scomparsa dalla cucina romana è quella del ghiro, che veniva addirittura allevato all’ingrasso per poi essere cucinato con polpette di maiale, pepe e un’altra spezia ormai caduta in disuso, il laser.
Tornando ai suini, il loro uso era molto diffuso nella cucina romana per il basso costo unito al gusto unico di questa carne molto grassa.
I vitelli e i bovini in generale non erano consumati quasi per nulla, poiché davano più risultato come forza lavoro sui campi.
Da questo lungo elenco non può mancare di certo la porchetta, che ha attraversato la storia di Roma giungendo fino ai giorni nostri e sopravvivendo nei menù dei ristoranti romani.