Nella Roma imperiale, il consumo dei pasti insieme ad altri commensali ricopriva un ruolo di fondamentale importanza nell’ambito della vita sociale. Ma quali erano le posate e gli altri utensili che gli antichi Romani erano soliti utilizzare a tavola? Vediamoli insieme attraverso una rapida panoramica sugli usi e sui costumi dell’epoca.
Per infilzare la carne si adoperavano, per esempio, particolari arnesi simili alle attuali forchette, con tre o quattro punte e con un manico a sezione esagonale. Altre forchettine a due punte venivano invece usate per infilzare frutti come i datteri.
Per tagliare i cibi dal piatto di portata si utilizzavano classici coltelli, impiegati comunque solo dai servi, che porgevano il cibo ai commensali già spezzettato in bocconi.
Per quanto riguarda i cucchiai, il loro impiego era molto diffuso; realizzati in legno, bronzo o argento, se ne distinguevano di due tipi, per gli usi quotidiani o per le occasioni. I cucchiai di uso corrente, detti cochlearia, erano caratterizzati da un manico dritto e lungo e da una coppa rotonda annessa al manico. I cucchiai più raffinati, le cosiddette ligulae, presentavano un manico dritto e appuntito e una coppa ovale capiente e pesante.
Per raccogliere i cibi liquidi dalla zuppiera si adoperava il mestolo, detto trulla.
Il cibo solido, invece, veniva servito su un piatto di portata – fondo o piano – da cui lo si prendeva con la mano destra e lo si portava alla bocca facendo attenzione a non sporcarsi. Proprio per via dell’utilizzo delle mani per prendere il cibo, i commensali le lavavano prima e durante il pasto con dell’acqua profumata appositamente servita. Alcuni convitati usavano addirittura portarsi da casa dei ditali d’argento per non sporcarsi le dita. A fine pasto, quindi, ci si puliva i denti con appositi stuzzicadenti realizzati in osso, piuma, avorio e perfino argento. Infine, l’etichetta imponeva di gettare gli avanzi direttamente per terra, poiché la loro vista nei piatti era considerata disdicevole.